La Casamance
Arrivati cinque giorni prima in Senegal, Laurent, Bérengère e i loro due bambini, a bordo del SunShine 36 Zanzibar, fanno rotta verso la Casamance.
Un piccolo angolo di paradiso…
Dopo ventiquattr’ore di navigazione arriviamo all’imbocco del fiume. Se dieci anni fa bisognava seguire un pescatore per trovare un passaggio tra i banchi di sabbia, oggi l’imbocco è ben segnalato da boe numerate, di cui una è munita di segnale AIS. Il mare è calmo, eppure, su ogni lato del canale, lungo circa cinque miglia, si infrangono continuamente le onde.
Gettiamo l’ancora presso una splendida spiaggia di sabbia bianca. Laurent mette il gommone in acqua più in fretta che può, mentre io metto il costume ai bambini. Ci sbrighiamo a scendere per sentire sotto i piedi questa sabbia così bella e fine!!
La spiaggia non è molto larga, solo qualche metro, con rami e tronchi depositati lì dalle maree. Qualche palma offre un po’ d’ombra. Subito dietro, la foresta fitta e umida, impenetrabile. L’acqua è torbida di sabbia in tutto il fiume, ma ciò non ci impedisce affatto di goderci il bagno.
La scoperta di Kachouane
Continuiamo a navigare fino al villaggio di Kachouane, un po’ oltre. Ci fermiamo da Papys, che qui, proprio sul bagnasciuga, tiene un ristorante e una pensione. Mangiamo un delizioso barracuda, pescato di fresco e servito, come da tradizione, con riso e verdure. Da leccarsi i baffi!
Il posto è magnifico! Siamo seduti sotto una pergola di legno e paglia, i piedi sulla sabbia bianca e fine. I bambini giocano lì accanto con altri bimbi del villaggio.
Il tempo sembra aver interrotto la sua folle corsa… scivola lento al ritmo del fluire calmo e tranquillo del fiume Casamance.
L’indomani andiamo alla scoperta del villaggio. Lo visiteremo sempre accompagnati da una bambina di circa due anni che non vuole proprio lasciare la mano di Gabin. La gente ci saluta: « Kassoumaye », a cui bisogna rispondere: « Kassoumaye baré ».
Nel villaggio ci sono una decina di baracche. Alcune sono costruite in pietra, con il tetto di lamiera, altre, più modeste, sono fatte d’argilla o di rami intrecciati, col tetto di paglia. Ogni casa è delimitata da un recinto di rami. Con somma gioia dei bambini, gli animali vagano liberi per tutto il villaggio. Incontriamo galline, papere, oche, capre, pecore, maiali, asini e mucche. Gabin ci chiede regolarmente di portarne un paio sulla barca!!
Ehidj, un’oasi di pace
Ripartiamo, stavolta per penetrare un po’ di più nei bolongs, canali d’acqua salata costeggiati di mangrovie caratteristici delle zone costiere del Senegal. Partiamo per il villaggio di Ehidj quando la marea risale, lo sguardo fisso sulla sonda per evitare i banchi di sabbia.
Resteremo quindici giorni a Ehidj, paesino costruito su un’isola dove vivono tredici famiglie.
Vi sono una chiesetta, una scuola elementare e l’accampamento “chez Léon”, proprio sulla spiaggia. Ci godiamo la bella sabbia fine e i bagni. Questo posticino simpatico diventa presto il nostro quartier generale.
Facciamo presto conoscenza con la gente del posto. Samba l’artista, Madelaine la cameriera, Léon il proprietario dell’accampamento, Jean-Paul il fabbricante di piroghe, Hyacinthe lo chef, François il capovillaggio, senza dimenticare le mogli: Rose, Odette e Nina... Hanno tutti un nome diola e uno francese (per noi più facile da pronunciare).
Per fare spese in una grande città vicina, Cap Skiring, ci vuole una vera e propria spedizione: mezz’ora di piroga e un quarto d’ora di taxi. La città è molto turistica. Facciamo scorta di verdura fresca. Poi passeggiamo tra i vari negozietti di souvenir. Com’è piacevole curiosare nei negozi di tessuti africani!! Ancora una giornata stancante per i piccini.
Le giornate si susseguono. Poco a poco prendiamo i ritmi senegalesi, senza fretta, e impariamo a vivere appieno il momento presente...
Continuo a fare lezione a Blanche, che progredisce di giorno in giorno. Laurent ne approfitta per fare un giro in paddle con Gabin e penetratre tra le mangrovie, alla scoperta delle risaie. I pomeriggi sono scanditi dai bagni e dai giochi dei bambini sulla spiaggia.
Prima di partire siamo ribattezzati ognuno con un nome diola. Laurent diventa “Anounouken”, che significa “grande albero”, e io “Diandian”, cioè “bella signora”.
Bérangère